Il presepe

Il presepe

La natività di Gesù Cristo è appoggiata sulle macerie del mondo. Il mondo da sempre (…da che mondo è mondo, verrebbe da dire…) mostra le proprie macerie.

La Palestina dell’anno 0 non è molto dissimile da quella del nostro millennio. Gesù Cristo che nasce è segno vivo della pace. Non perché la sua venuta sistemerà il mondo (anzi, una volta Gesù disse: “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione”, Lc. 12,51). Piuttosto perché la sua venuta è compimento di una Parola antica, di una promessa: “Il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore” (Is. 61, 1-2).

Gesù Cristo non viene a portare la pace, ma a rivelare il cuore di Dio e l’identità dell’uomo. Non viene a portare la pace, ma un lieto annuncio ai miseri; non proclama il “cessate il fuoco”, ma la libertà degli schiavi. Il suo annuncio unifica cielo e terra, fratello e fratello, popolo e popolo (le due bandiere di Israele e Palestina non sono niente più che un simbolo). Ma soltanto se qualcuno a questo annuncio dà credito. Soltanto se qualcuno di questo annuncio si fa carico.

“Oggi si è compiuta questa Scrittura” (Lc. 4,21) è una frase che Gesù pronuncerà 30 anni dopo, nella sinagoga di Nazareth. Ma è già vera nella capanna di Betlemme. Così come sarà vera nel giardino del sepolcro vuoto. E così come può essere vera ogni giorno. Perché ogni giorno è “oggi”. Ogni giorno è tempo in cui l’uomo è chiamato a raccogliere questa Parola e a farci i conti.

Il Bambino Gesù concentra in sé tutta la luce per poi diffonderla. Accanto a lui, solo Maria e Giuseppe, raffigurati in bianco e nero. La loro presenza è a totale servizio di Gesù e della sua missione. Vale per loro quello che l’evangelista Giovanni dice del Battista: “Egli non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce (Gv. 1,8). Anche nei Vangeli, se si eccettuano i racconti della nascita, le loro figure restano per lo più nell’ombra.

Non abbiamo bisogno di eroi. Abbiamo bisogno di uomini e donne che con la loro vita umile e tenace e con la propria presenza discreta credano che, a partire da una Parola compiuta, tocchi anche a loro fasciare le piaghe dei cuori spezzati e promulgare l’anno di grazia del Signore.

Così una natività appoggiata sulle macerie del mondo potrà davvero diventare segno vivo della pace.

 

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