UNA STORIA CHE PARLA DI NOI – Prima puntata

UNA STORIA CHE PARLA DI NOI – Prima puntata

In vista del 50° di consacrazione della chiesa parrocchiale e in attesa di predisporre il programma completo, in questo mese di giugno proponiamo su Parola  Amica e su queste pagine il racconto “a puntate” di quella che è stata la genesi della costruzione della chiesa, attingendo al testo redatto proprio venti anni fa da Domenico Vescia: “Dalla fede, le opere”. 

Non è una semplice memoria più o meno nostalgica del tempo che fu. È uno sguardo ad un frammento di storia – piuttosto complesso, tra l’altro – che ci ha generato. È un modo per riconoscere, ancora una volta, che analizzare l’origine delle cose è la strada migliore per provare a comprenderle meglio.

Si può a pieno titolo affermare che l’esigenza di una nuova chiesa fosse nata con l’erezione stessa della Parrocchia. Alla concretezza dei Prevosti monsignor Paolo Marelli e don Teresio Ferraroni, oltre che di don Giuseppe non era certamente sfuggito il fatto che quel quartiere, sorto intorno a piazza Martiri e in continua crescita, non sarebbe bastata quella chiesetta costruita come sussidiaria della Prepositurale. Di questa percezione si fece interprete anche monsignor Montini, in Visita Pastorale dopo due soli anni dall’erezione canonica della Comunità Parrocchiale: “La giovanissima Parrocchia offre buona promessa del suo avvenire per la vitalità spirituale che già dimostra.
Voglia il Parroco dare fin da principio un programma pastorale ben concepito alla nascente comunità parrocchiale: vita liturgica e formazione spirituale profonda ai fedeli, assistenza e istruzione religiosa assidue alla gioventù, istituzione e incremento delle associazioni cattoliche riconosciute, buon esercizio della carità. La benedizione di questa prima Visita pastorale conservi alla Parrocchia il presente fervore e lo renda valido alle future benefiche imprese: la prima, grande e difficile, quella della costruzione della sua nuova Chiesa, che auspichiamo possa presto sorgere con l’aiuto della Provvidenza”.
Sei anni dopo, nel 1964, durante il pellegrinaggio sestese a Roma, l’Arcivescovo divenuto Papa si ricordò di quel parroco e di quella comunità e chiese a don Giuseppe se San Giovanni stava crescendo, alludendo chiaramente anche all’edificio della Chiesa. Il parroco fu colpito dalla memoria del Pontefice che evidentemente riteneva fondamentale che quel quartiere non più periferico fosse dotato di una struttura adeguata. Non sorprende quindi la determinazione di don Giuseppe a voler perseguire a tutti i costi questo obiettivo.
Primo problema da risolvere fu il terreno sul quale la nuova Chiesa avrebbe dovuto sorgere. La questione venne affrontata già a partire dal 1962, quando venne emanata la Legge in virtù della quale lo Stato avrebbe pagato il 4% sull’interesse del mutuo che l’Arcivescovo stesso avrebbe aperto per consentire la costruzione della nuova Chiesa. Si trattò di un prestito a interessi di 150 milioni di lire. Per la preparazione della necessaria documentazione fu incaricato l’ingegner Gian Augusto Paleari, che seguirà poi tutte le questioni riguardanti la nuova Chiesa, curandone la progettazione e seguendo l’esecuzione dei lavori.
Le discussioni presero avvio nel 1966. Durante una seduta della Consulta parrocchiale del 27 aprile fu chiarito anche il punto maggiormente controverso: si sarebbe sacrificato il campo da calcio dell’oratorio, con grande disagio per i ragazzi, ma anche a scapito della pastorale giovanile parrocchiale? Il Parroco era, senza ombra di dubbio, l’ultimo che avrebbe voluto una soluzione di questo tipo; lo aveva più volte dichiarato apertamente, anche sulle pagine del bollettino parrocchiale e aveva stabilito diversi contatti per evitare una scelta di questo tipo; le risposte furono sempre negative o capaci di avanzare soluzioni dai costi proibitivi. Quella sera chiarì che, provvidenzialmente, era possibile avanzare la soluzione secondo la quale i lavori sarebbero stati avviati su un terreno diverso, in modo da lasciare all’oratorio maschile lo spazio di cui aveva tanto bisogno. Si trattava del terreno fino a quel punto occupato come deposito rottami che, nel 1962 fu acquistato con l’intenzione di ampliare l’oratorio maschile, ma che – date le necessità – poteva ora essere dirottato per la costruzione della nuova Chiesa. Nella Consulta del 20 gennaio 1967, don Giuseppe comunicò che l’Ufficio Amministrativo della Diocesi aveva approvato il progetto che prevedeva il lato lungo della Chiesa su via Fogagnolo e la facciata in via Tino Savi.
Dichiarò inoltre la volontà di raccogliere immediatamente i fondi per la sistemazione del nuovo campo sportivo e dei servizi necessari all’oratorio maschile in modo che i ragazzi non si sentissero privati dei loro spazi.
L’annunciata pubblicazione del progetto sulle pagine dell’informatore parrocchiale avvenne il mese successivo. Don Giuseppe accompagnò la planimetria con una lettera in cui sintetizzò l’iter della pratica e i termini del progetto definitivo. Chiuse la comunicazione con un appello estremamente significativo: mettiamoci tutti all’opera, uniti e generosi, fiduciosi e obbedienti, dove quel “fiduciosi” toglieva qualsiasi trepidazione contraria alla fede nella Provvidenza e quel “obbedienti” era mirato a spronare i parrocchiani perché mettessero la parola fine – di fronte al volere del superiori – qualsiasi polemica e tensione.

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